giovedì 10 novembre 2016

Di non-design fatto

Osservo gli oggetti che mi circondano con una curiosità nuova, in particolare, resto affascinata da tutto ciò in cui non è riconoscibile un intento di progettazione, un eccesso di lavorazione, o peggio, la ridondanza della parola e di fatto concetto, di design. Trovo la parola design di cattivo gusto. Ormai, la utilizza soltanto chi intende conferire un valore a qualcosa che, altrimenti, non ce l'avrebbe. 
Gli oggetti di non-design che ci circondano invece, restano e persistono nella nostra storia come oggetti sempreverdi e attuali, grazie alla loro funzione ed eco sostenibilità. Oggetti figli della tradizione e di una conseguente decrescita economica felice, in cui il gioco forma-funzione risulta in perfetto equilibrio tra le parti, conferendo fascino ed emozione a chi li utilizza. In un'epoca low cost come questa, l'oggetto preso singolarmente non dice mai nulla, ma inserito nel giusto contesto, acquisisce un valore significativo, ed è per questo che le leggi della progettazione regolano quelle della totalità come una teoria olistica e non possono essere riducibili ad una semplice composizione delle parti. Chi può riuscire in questo? Solo un designer.
 

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